Il sogno come salvezza del mondo

Presentato il film Asino vola e il corto U muschittieri

L’infanzia è un periodo magico, legato al sogno, alla speranza, al desiderio; – desiderio-: un modo di concepire il mondo fuori dal mondo stesso; annullare il presente e sprigionare un’energia, una volontà assoluta e senza catene, nel non ancora. E, il caso del secondo film proposto da Michele Suma, per la rassegna Sudestival, è un caso del genere. Asino vola, richiama qualcosa di impossibile, irrealizzabile per il mondo degli uomini, come ben si sa, ma per i sogni di un bambino, e per il suo vero e autentico desiderio, l’impossibile è nulla.

Passiamo alla trama.

Il protagonista è Maurizio, un bambino cresciuto tra avventure solitarie nella fiumara, un piccolo ruscello, sempre asciutto, divenuto discarica di un mondo a cui certe cose, non servono più. Tuttavia, Maurizio in compagnia della sua immaginazione infantile – potere di creare un mondo oltre il mondo – usa di tutto, anche questa discarica come magico parco giochi: non luogo dove maturerà il desiderio di far parte della banda musicale del paese.

Una storia in cui gli animali parlano, come l’asino, la cui voce è affidata a Lino Banfi, e la gallina, a Maria Grazia Cucinotta. Mentre il ragazzo, da adulto, ha il volto di un grande attore come Luigi Lo Cascio.

Critica.

Il sogno. La trama. La sceneggiatura. Il cast. Tutto farebbe pensare a un film perfetto, che funziona, di nobili intenti; un romanzo di formazione che prevede il mutamento – ma questa volta non solo del personaggio principe della scena – ma di tutto il microcosmo esistenziale di un paesino retrogrado e arreso al destino. Senza sogni.

Il film è molto simbolico; la stessa discarica in cui il piccolo protagonista, gioca, diventa emblema di un mondo da ricostruire, da recuperare, da non buttar via…

Pur tuttavia, il film ha dei difetti.

Il primo non risiede negli intenti, i quali sono da considerare nobili, come il tema del sogno e del desiderio, come è detto poc’anzi, ma nella trama stessa: debole come idea e, come a noi pare, priva di alcun evoluzione e successione di eventi narrativi coinvolgenti. In altre parole la fabula stessa, difetta nel suo essere piatta, senza alcun colpo di scena o evento narrativo che la renda interessante.

Prima di passare alla sceneggiatura, ripensiamo a un fantasista come Lino Banfi che ha fatto ridere diverse generazioni, la cui voce è quella dell’asino che recita con un evidentissimo accento pugliese (tipica inclinazione usata dai film, che hanno reso Banfi celebre negli anni’ 70). Tuttavia questo non basta per attutire la noia. Perché il pubblico in sala sembra passivo, disinteressato allo scorrere della trama. Questo, fa capire come la sceneggiatura difetti nelle fondamenta di se stessa.

Le battute recitate da Lino Banfi hanno smesso di far ridere?

Lino Banfi non ha scritto, di certo, le battute del film, la mancanza di coinvolgimento è da considerarsi nella trama stessa: lenta inconsistente debole. Sembra sgretolarsi  fotogramma per fotogramma.

Ma salviamo questo film. Il film appare lento; ma lento come sono lente le evoluzioni di un romanzo di formazione che prevedono l’evoluzione e lo stravolgimento dell’animo del personaggio che domina la scena, e in questo caso di un mondo fatto di miserie e rese che sarà superato, come per magia, dal sogno, dal desiderio, volontà di potenza di un bambino, dalla sua immaginazione creatrice che, da una semplice discarica, darà vita ad un mondo che salverà il mondo.

Un bambino. Solo.

Un’inezia posata in una Terra di uomini e di rese.

E, nonostante ciò, riuscirà a salvare se stesso, anche se il mondo circostante offre poco o nulla.

Perché il sogno è nullificazione del mondo, e salvezza.

In sala c’erano i registi: Marcello Fonte e Paolo Tripodi e lo sceneggiatore Giuliano Miniati.

Anche il corto proposto nella sala del Vittoria ha la medesima tematica; infatti, il protagonista è un bambino di nome Giovanni Falcone. U muschittieri appare molto simbolico nella successione delle scene narrative; il bambino dovrà combattere la paura del buio, – tipica paura infantile di ciò che non si conosce – , prima di affrontare il buio di cosa nostra, da adulto magistrato.

A presentare il corto, c’era il regista Vito Palumbo.

 

Fabio Angiulli