La chiesa di Santa Maria degli Amalfitani a Monopoli

Tra le chiese minori dell’Italia meridionale e in particolare tra quelle hanno accompagnato il sorgere delle grandi cattedrali simbolo del romanico pugliese, va senza dubbio collocata la Chiesa di Santa Maria degli Amalfitani in Monopoli. L’esistenza dell’edificio medievale al di sotto delle manomissioni barocche apparve per la prima volta nel 1911 quando il parroco del tempo, mons. Lorusso, portò avanti le prime ricerche scrostando alcuni capitelli e stonacando qualche pilastro. A quelle prime scoperte seguì il paziente lavoro di liberazione e restauro compiuto dalla Sovrintendenza che ci ha restituito l’edificio che tutti oggi possiamo ammirare. Il nome di Santa Maria degli Amalfitani, rimasto tradizionalmente vivo dopo tanti secoli, ci rimanda inevitabilmente al versante tirrenico e alla Repubblica marinara di Amalfi che tra il X e l’XI secolo ebbe il predominio dei commerci del bacino orientale del Mediterraneo. Con il crescere della potenza di Venezia, tuttavia, il commercio venne progressivamente spostandosi dal Tirreno all’Adriatico e, quando agli inizi del XII secolo, Venezia prese il sopravvento nei commerci con i paesi greci e mussulmani l’importanza dei porti della Campania andò via via diminuendo. I mercanti amalfitani, pertanto, furono costretti a prendere i porti pugliesi come basi dei loro commerci, dando vita a delle vere e proprie colonie nelle varie città costiere, in particolar modo Barletta e Monopoli. La prima notizia sull’origine di Santa Maria delle Grazie ad opera di amalfitani, la troviamo nel manoscritto Istoria di Monopoli del primicerio Giuseppe Indelli, morto nel 1779, che riporta una vicenda a sua volta narrata dal monopolitano Bante Bregantino, vissuto tra il 1280 e il 1350: “l’anno 1059 alcuni Amalfitani veggendo che la lor nave, dalla forza della tempesta sbalzata nel nostro Port’Aspro di San Giovanni, andava certamente a naufragarsi col pericolo imminente della loro vita, appena si rivolsero col cuore alla Beata Vergine Maria, che in un istante il mare si tranquillò”. E’ improbabile che gli amalfitani furono gli autori della chiesa in grotta, probabilmente già esistente e realizzata ad opera di monaci basiliani (o benedettini secondo altri vista l’inesistenza di un’iconostasi), e semplicemente riaperta al culto e dedicata a Santa Maria delle Grazie proprio dagli amalfitani che possedevano conventi e fondazioni religiose sovente con il titolo di Santa Maria a Gerusalemme, Costantinopoli e sul monte Athos. La denominazione originaria della cripta, tuttavia, potrebbe essere quella di San Nicola in Porto Aspero. Alla chiesa rupestre si accede per mezzo di una scala moderna: all’interno ci si trova di fronte ad un ambiente biabsidato nel quale non vi è alcuna traccia di iconostasi o recinzione che separi il naos dal bema. Le due colonnine sono frutto di un reimpiego tardo rispetto alla struttura originaria. Visibili delle tombe ad arcosolio e altre tombe comuni.  Una delle caratteristiche della struttura è il doppio abside, così come nella chiesa dei santi Andrea e Procopio. Della decorazione originaria, che doveva svilupparsi lungo tutte le pareti, restano pochi frammenti di una icona di san Nicola e storie della sua vita, forse risalente al XII secolo, mentre la decorazione del soffitto si colloca tra la fine del 1600 e l’inizio del 1700 e raffigura episodi riguardanti la Vergine. Il santuario rupestre ebbe la funzione di un vero e proprio luogo di culto pubblico, considerata la sua ampiezza, e doveva essere anche molto venerato a giudicare dalle numerose tombe che si vennero via via raggruppando. La chiesa romanica superiore sorse in perfetta continuità con la cripta. La sua grandezza, inoltre, attesterebbe l’importanza della comunità amalfitana a Monopoli, molto numerosa e florida e testimonierebbe il ruolo attivo avuto da Monopoli negli scambi con l’Oriente e con la stessa Costantinopoli. La stessa dedicazione della chiesa superiore alla Beata Vergine delle Grazie attestano il nesso logico tra quest’ultima e la cripta. Il cronista monopolitano Cirulli scrive che il fondatore della chiesa fu tale Ascenzio Muscettola di nobile famiglia d’Amalfi. La data di fondazione è ignota, ma una pergamena conservata nell’archivio capitolare ci dice che la chiesa esisteva già nel 1179.

Cosimo Lamanna