La chiesa detta del “Purgatorio” a Monopoli, tra storia e mistero

Nel cuore del borgo antico monopolitano, all’ombra del campanile della Basilica Cattedrale, è ubicata la chiesa della Natività di Maria Santissima. L’edificio sacro, noto a tutti come il “Purgatorio”, ha pianta a croce greca, ma col braccio che porta all’ingresso di poco più lungo, e sorge sulla via Padre Nicodemo Argento. Fu costruita per iniziativa della Confraternita di Nostra Signora del Suffragio, voluta dai Canonici della Cattedrale di Monopoli, che la istituirono nel 1633 con il nome completo di “Compagnia del Suffragio per le anime del Purgatorio”. Il 18 febbraio del 1666 il Vescovo Giuseppe Cavaliere concesse “come luogo degli uffici il basso della Cattedrale”. La costruzione dell’edificio è legata ad una accadimento luttuoso: la mattina del 20 settembre 1686, infatti, la parte terminale del campanile della Cattedrale di Monopoli, eretto ad opera del vescovo Cavaliere, crollò seminando rovine e morte tra le case sottostanti (ci furono 37 morti e molti feriti). I Confratelli comprarono i suoli delle case diroccate per costruirvi la Chiesa desiderata in memoria di quei defunti. La posa della prima pietra avvenne con una solenne cerimonia il 7 novembre 1687 e l’opera fu portata a termine, in parte, nel 1700. Nell’aprile di quell’anno la Confraternita ne prese possesso trasportandovi i resti dei soci defunti e seppelliti prima “nel basso della Cattedrale”. Sempre la stessa Confraternita si occupò del completamento della chiesa arricchendola con ornamenti molto interessanti. Don Bernardino Palmieri, nel 1717, portò in dono da Napoli la grande tela artistica raffigurante Santa Maria del Suffragio (titolo della Confraternita), opera del pittore Paolo De Matteis, e il maestro Vito Antonio Zoccolo costruì la grande cornice dorata: l’una e l’altra cosa sfuggirono, negli anni settanta, alle rovine di un incendio, ma ne portano i segni. Nel 1720 fu innalzata un’artistica pala barocca, in pietra, opera del maestro Pascale Simone, scultore di Lecce. La pietra necessaria alla costruzione fu tagliata nelle cave di Carovigno, lavorata sul posto e poi trasportata via mare, con zattere e barche, dal porto di S. Savino a quello di Monopoli. Furono anche eretti altri altari e si ornò la Chiesa con altre tele, probabilmente ivi trasferite dalla vecchia sede. Nel 1928 furono eseguite opere di restauro, ma il terremoto del novembre 1981 la colpì profondamente, rendendo necessarie quelle opere di restauro che l’hanno riportata all’antico splendore il 27 marzo 2015. Tutto nella chiesa ci parla del culto della morte, considerata non solo come il termine della vita terrena, ma come un monito per i vivi stessi: già sul bel portale ligneo, risalente al 1736, c’è un forte richiamo al culto della morte e una dettagliata simbologia: nella parte superiore sono raffigurati gli emblemi del potere, invece, in quella inferiore sono raffigurati i vari strumenti da lavoro. Nella parte centrale, invece, sono raffigurati due scheletri che sono uno lo specchio dell’altro, e rappresentano la morte che appiana le differenze sociali.

Cosimo Lamanna