La Torre Civica di Monopoli

La Torre Civica, o Torre Campanaria, è ubicata nella splendida e ricca cornice storica di piazza Garibaldi (un tempo denominata Piazza delle Mercanzie o Platea Pubblica), la più importante per Monopoli dal 1500 in poi, quando la città estese le mura spostandosi sul nucleo a sud-ovest (vicino alla Cattedrale) e sulla zona, appunto, di piazza Garibaldi (allora situata fuori). La Torre Civica è del 1552 ed è rivolta verso il Porto Vecchio, dando il benvenuto a chi approdava in quella parte del porto dove avvenne, peraltro, anche il miracoloso approdo della zattera con l’icona di Maria SS. della Madia nel 1117. La Torre è un insieme di elementi, tutti molto interessanti, a partire dalla parte inferiore nella quale oggi è inglobata la colonna infame o colonna della gogna, dove erano esposti al pubblico coloro che si macchiavano di reati: si possono notare ancora i solchi scavati dal capo e delle spalle di coloro che non corso della storia vi furono legati. In alto è visibile la statua di san Gennaro, di cui non si conosce né l’autore né l’epoca in cui è stata realizzata, per anni peraltro ritenuta erroneamente da molti monopolitani la statua di san Cataldo. La statua di San Gennaro è stata restaurata e restituita alla città nel corso di una cerimonia pubblica nel 1998. La presenza del “Santo vescovo  napoletano” a Monopoli non è casuale, dati gli storici rapporti della città in generale con la Campania e con Napoli in particolare, da dove peraltro proviene gran parte dell’argenteria sacra seicentesca e dei pavimenti maiolicati delle nostre chiese settecentesche. Subito sopra la statua, ben visibile, lo stemma civico della città, consistente in “tre rose bianche su campo rosso”. Secondo una versione molto diffusa a Monopoli riguardo le origini dello stemma, si pensa che inizialmente fosse a colori invertiti rispetto all’attuale: vi figuravano tre rose rosse su campo bianco. In seguito, dopo la conversione della popolazione alla fede cristiana, le tre rose sarebbero state convertite in rose bianche e il campo in rosso, come riferisce lo storico Alessandro Nardelli basandosi sulla Cronaca perduta di Bante Brigantino: fidelium animas fuisse ealbatas in sanguine agni immaculi C.J. (le anime dei fedeli furono imbianchite nel lavacro della Rigenerazione). Le rose bianche, secondo questa lettura, rappresenterebbero quindi la purezza dei martiri cristiani che versarono il loro sangue, il rosso del campo appunto, per la religione. Vi è, comunque, un’altra ipotesi riguardo allo stemma, secondo la quale lo stemma è quello concesso da Federico II nel 1221 in seguito alla fedeltà dimostrata dalla popolazione contro Gualtieri IV di Brienne, suo acerrimo nemico: in questo caso le rose indicherebbero proprio la fedeltà, mentre il campo rosso il sangue versato dai vassalli monopolitani. La torre ospita anche un orologio, un campaniletto a vela con campana, i cui rintocchi, in passato, erano sinonimo di pericolo o di adunanze, e due sculture di grifoni che, come figura araldica, simboleggiano custodia e vigilanza. Il grifone, inoltre, poiché riunisce l’animale dominante sulla terra, il leone, con quello dominante in cielo, l’aquila, simboleggia anche la perfezione e la potenza.

Cosimo Lamanna